Premessa. Il Comune di Bologna, con l’ordinanza 328901 del 3 Agosto 2018, ha disciplinato gli orari massimi di funzionamento degli apparecchi da gioco presenti negli esercizi sul territorio comunale, ossia dalle ore 10,00 alle ore 13,00 e dalle ore 17,00 alle ore 22,00.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso una sala giochi presente sul territorio. Il TAR Emilia-Romagna, con la sentenza 47/2024, ha respinto il ricorso dell’esercente confermando gli orari comunali.
L’Intesa. In primo luogo, il TAR Emilia-Romagna ha respinto la doglianza della sala gioco in merito all’asserita violazione dell’Intesa prevista nella Conferenza Unificata del 7/9/2017 (che, a detta del ricorrente, limiterebbe a 6 ore lo spegnimento massimo degli apparecchi da gioco).
Il TAR osserva “che in materia di gioco d’azzardo e specificamente con riferimento alle conseguenze di tale attività su fasce di consumatori psicologicamente più deboli e sulla cittadinanza, non sussiste la competenza esclusiva dello Stato” rientrando la questione nella materia della salute pubblica su cui “sussiste la competenza ad emanare la relativa disciplina da parte dei Comuni, secondo quanto espressamente prevedono gli artt. 3 e 5 del Tuel”.
I giudici, inoltre, confermano quanto già ribadito dalla giurisprudenza, ossia che l’Intesa non è vincolante né per le Regioni né per i Comuni.
L’istruttoria. I giudici non accolgono nemmeno il secondo motivo di ricorso relativo alla dedotta carenza istruttoria. Secondo il TAR, infatti, i dati della Relazione dell’Osservatorio Epidemiologico Metropolitano Dipendenze Patologiche relativa al Distretto di Bologna riportati in premessa dell’ordinanza sono sufficienti a far ritenere “esaurientemente istruita e dotata di sufficiente apparato motivazionale” l’ordinanza stessa. Questo anche alla luce della considerazione, valorizzata dal Collegio, che i dati pongono in rilievo una “situazione oggettivamente critica” con una “stima riguardo alle persone affette da gioco d’azzardo nella misura del 1,8 per 1000 abitanti” e un “aumento di tali soggetti da 36 come erano stati individuati nell’anno 2011 a ben 201 nell’anno 2017”.
La proporzionalità. Secondo i giudici, l’apertura dei locali determinata in otto ore (10,00-13,00 e 17,00-22,00) “costituisce orario potenzialmente in grado di perseguire l’obiettivo primario di prevenire, contrastare e ridurre il gioco d’azzardo patologico”, e che al contempo contempera tale finalità anche con gli “interessi economici degli imprenditori del settore imponendo loro il minor sacrificio possibile”. Il TAR cita, a tal proposito, anche la sentenza 220/2014 della Corte costituzionale, con cui si è riconosciuta “nella riduzione degli orari delle sale giochi una legittima misura di contrasto al fenomeno della ludopatia”.
Il Collegio conferma anche la correttezza dell’individuazione degli stessi limiti orari sia per le sale giochi sia per gli esercizi cd. promiscui (es. bar, ristoranti, alberghi e tabaccherie) che non subirebbero, secondo il ricorrente, alcun vulnus dalla chiusura imposta alle 22,00, visti i loro orari di chiusura. La ratio, secondo il TAR, è infatti quella di “scoraggiare la trasmigrazione dei giocatori dall’una all’altra tipologia di esercizi che invece verosimilmente si verificherebbe in caso di diversificazione degli orari”.
Non vale a smentire, infine, secondo il TAR, tali argomentazioni la circostanza che le sale bingo abbiano orari d’apertura giornalieri più ampi, visto che gli apparecchi da gioco eventualmente presenti al loro interno sarebbero comunque soggetti alle stesse limitazioni di orario imposte alle sale giochi.