Premessa. Il Comune di Roma Capitale, con il Regolamento Sale da Gioco e Giochi leciti, approvato con la Delibera dell’Assemblea Capitolina n. 31/2017 (e modificato, dalla stessa Assemblea con Delibera 92/2019), ha introdotto un distanziometro di 500 metri per le nuove aperture e installazioni di apparecchi da gioco nel territorio comunale (espressamente prevedendo, nel 2017, che tali previsioni venivano introdotte nelle more della definizione delle distanze da parte della normativa statale o regionale: tale periodo veniva poi espunto nel 2019).
Dal 2018 al 2022 la Regione Lazio, con interventi successivi, ha stabilizzato il distanziometro regionale pari a 250 metri, prevedendo al contempo che i Comuni avrebbero potuto introdurre “ulteriori limitazioni” rispetto a quelle previste dalla nuova disciplina di legge regionale e che in caso di contrasto tra la nuova disciplina di legge regionale e le “ulteriori limitazioni” introdotte a livello comunale si sarebbero dovute applicare le misure più restrittive.
Il caso di specie. Il caso di specie trae origine da un locale che nel 2019, presentando una SCIA per la somministrazione di alimenti e bevande, ometteva di spuntare la casella ivi prevista relativa alla “Assenza di videogiochi o apparecchi automatici”. Il locale veniva quindi fatto oggetto di un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività di installazione di apparecchi da gioco; tale provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR Lazio che, con la sentenza 9358/2024 che qui si analizza, ha respinto le doglianze dell’esercente, confermando il distanziometro comunale e la sua coerenza con il distanziometro regionale.
La SCIA e le comunicazioni per l’installazione di apparecchi da gioco. In primo luogo il TAR esamina i requisiti di comunicazione per l’installazione di apparecchi da gioco. L’art. 7, comma 6, del Regolamento comunale prevede che “l’installazione di apparecchi e congegni automatici e semiautomatici da trattenimento con vincita in denaro o ticket è subordinata ad apposita comunicazione al SUAP territorialmente competente, ai fini della verifica delle disposizioni di cui al presente Regolamento”.
Sul punto, il Collegio ritiene che la prescritta “comunicazione”, per essere tale, deve avere un contenuto completo e inequivocabile. Nel caso di specie, l’aver omesso di spuntare (in occasione della SCIA per la somministrazione di alimenti e bevande) la casella denominata “Assenza di videogiochi o apparecchi automatici” non può equivalere, secondo i giudici, all’invio di una “comunicazione” completa e inequivocabile.
Sul rapporto tra distanziometro comunale e Legge regionale. Il TAR respinge anche il secondo motivo di censura presentato dall’esercente, che puntava a dichiarare l’incompatibilità tra le previsioni distanziali del Regolamento dell’Assemblea Capitolina e quelle contenute nella Legge regionale.
Ricorda il Collegio, in primo luogo, che il distanziometro comunale era stato inizialmente adottato “in un momento in cui la legislazione regionale non prevedeva – al contrario di adesso – alcuna distanza minima tra le sale da gioco e i luoghi sensibili”. Ribadiscono inoltre i giudici che tali previsioni sono state “il frutto di un’accurata e specifica istruttoria condotta da Roma Capitale” (si citano, tra gli altri: il rapporto “Azzardopoli 2.0” di Libera, l’indagine del CEIS-Centro Italiano di Solidarietà, la ricerca “L’impatto del gioco d’azzardo sulla domanda di beni e servizi e sulla sicurezza urbana” della Camera di Commercio di Roma, e altri).
Sul rapporto tra distanziometro comunale (precedente) e legge regionale (successiva) appaiono decisive due considerazioni, che fanno propendere per la piena coerenza del primo rispetto alla seconda:
- La circostanza che la legge regionale ha consentito ai Comuni di introdurre “ulteriori limitazioni” rispetto a quelle previste dalla nuova disciplina di legge regionale, e ciò sulla base di alcuni fattori predeterminati, quali l’impatto sul territorio, la distribuzione oraria, la sicurezza urbana, i problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e le esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica;
- La circostanza che la legge regionale ha espressamente fatte salve le “ulteriori limitazioni” introdotte a livello comunale, prevedendo nello specifico che in caso di contrasto tra la nuova disciplina di legge regionale e le “ulteriori limitazioni” introdotte a livello comunale si sarebbero dovute applicare le misure più restrittive.
Dunque, concludono i giudici, la normativa regionale sopravvenuta ha “espressamente facoltizzato i comuni ad introdurre misure più restrittive” e “siccome il regolamento capitolino del 2017 (come modificato nel 2019) già prevedeva una misura più restrittiva permanente (e non meramente transeunte nelle more dell’intervento del legislatore regionale), la scelta di Roma Capitale di conservare tale misura appare pienamente legittima, sicchè tale misura assume una connotazione ormai stabile e permanente”.