La normativa. Alcuni Comuni della provincia di Varese (Brezzo di Bedero, Lavena Ponte Tresa, Luino, Cunardo, Maccagno con Pino e Veddasca, Marchirolo) hanno introdotto, mediante ordinanze sindacali, precedute da Regolamenti approvati nei Consigli comunali, le limitazioni in tema di orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi negli altri esercizi commerciali (in particolare interrompendo le attività nelle seguenti fasce orarie: 7.30-9.30; 12.00-14.00; 19.00-21.00).
Avverso questi provvedimenti hanno presentato ricorso una serie di operatori del settore del gioco. Il TAR Lombardia si è pronunciato con le sentenze (tutte di rigetto) 433/2022, 434/2022 (Comune di Brezzo di Bedero); 436/2022, 437/2022 (Comune di Lavena Ponte Tresa); 438/2022 (Comune di Luino); 439/2022, 440/2022 (Comune di Cunardo) 441/2022, 455/2022 (Comune di Maccagno con Pino e Veddasca); 442/2022, 443/2022 (Comune di Marchirolo) che qui si analizzano congiuntamente.
La partecipazione al procedimento. In primo luogo, i giudici chiariscono che non sono state violate le disposizioni di legge in merito alla partecipazione procedimentale dei soggetti interessati: i casi di cui si tratta, infatti, non possono essere ricompresi nella disciplina di cui all’art. 13 della legge 241/1990, che disciplina l’obbligo di comunicazione d’avvio del procedimento escludendo però gli atti amministrativi generali, come sono le ordinanze e i regolamenti impugnati. In ogni caso, sottolinea ulteriormente il TAR, “l’eventuale partecipazione procedimentale avrebbe dovuto riguardare gli esercenti, e non certo i gestori degli apparecchi”.
L’istruttoria. Il Collegio conferma poi la correttezza delle attività istruttorie condotte dai Comuni a fondamento delle limitazioni orarie, che hanno tenuto conto:
- del primo progetto “Proposte Azzardate” per la prevenzione e la cura delle dipendenze da gioco d’azzardo patologico;
- dei dati forniti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativi alla raccolta del gioco d’azzardo nel territorio della Provincia di Varese;
- dei dati di accesso presso i S.E.R.T. territorialmente competenti per il territorio, che hanno rilevato in progressiva crescita il numero delle persone con disturbi legati al gioco d’azzardo nel periodo 2000-2018;
- di ulteriori ricerche condotte sul territorio regionale (tra cui quella condotta dall’ATS Milano Città Metropolitana nel 2016 e quella promossa e coordinata dall’ASL di Bergamo nel 2015) che hanno attestato la diffusione del fenomeno del gioco patologico.
L’insieme delle risultanze raccolte consentono, quindi, di ritenere le ordinanze limitative degli orari fondate su elementi in grado di contestualizzare la situazione presente nei vari territori comunali.
Non sono, invece, in grado di ribaltare il giudizio gli altri apporti documentali offerti dagli esercenti ricorrenti; questi, in particolare, hanno allegato:
- il report del Governo australiano sul gioco d’azzardo e studio della Springer Science and Business Media New York;
- lo studio italiano dell’Istituto per la Competitività;
- alcuni dati dell’Agenzia dei Monopoli con cui si dà conto della ripartizione del “giocato” tra le diverse tipologie di gioco lecito.
Con riferimento allo studio australiano, il TAR sottolinea la diversità di contesti sociali, economici e culturali tra le due realtà che consente di ritenere i dati ivi riportati non idonei a smentire i concreti riferimenti al fenomeno nel territorio comunale considerati dall’Amministrazione; per lo studio italiano dell’Istituto per la Competitività, i giudici affermano che questo non presenta caratteri di oggettività poiché muove da una prospettiva di interessi differente dall’obiettivo perseguito dalla normativa e dai provvedimenti impugnati. Infine, per quel che concerne i dati dell’ADM, dare conto della ripartizione del “giocato” viene considerato non indicativo della maggiore o minore propensione per un determinato gioco, dipendendo l’ammontare complessivo anche da altri fattori (ad esempio il costo, più o meno elevato, della singola giocata per le diverse tipologie di gioco); sarebbe del tutto indimostrata l’affermazione fatta propria dai ricorrenti secondo cui la propensione al gioco compulsivo si sarebbe spostata su altri tipi di gioco.
Il potere del Sindaco. Per il TAR, inoltre, è pacifica la competenza sindacale a disciplinare gli orari di attività delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi: ciò alla luce dell’art. 50, comma 7, del TUEL come confermato anche dalla Corte costituzionale (sentenza 220/2014).
In modo più esteso, il TAR ricostruisce il tema ricordando che “la prevenzione della ludopatia è una competenza distinta e trasversale, fondata, da un lato, sul potere attribuito ai Comuni di individuare in autonomia gli interessi della collettività ex art. 3, comma 2, D.lgs. n. 267/2000 e dall’altro sul potere di regolazione degli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici ai sensi dell’art. 50, comma 7, D.lgs. n. 267/2000”. Ciò è completato anche dal contenuto dell’art. 5 della legge regionale 8/2013 sui compiti di iniziativa e di vigilanza dei Comuni relativamente al fenomeno del gioco d’azzardo patologico, che costituisce un riconoscimento legislativo dell’emersione di questa nuova competenza finalizzata al contrasto della ludopatia.
Le limitazioni orarie come strumento di contrasto alla ludopatia. Il TAR non mostra dubbi, alla luce dello stato attuale delle conoscenze e della giurisprudenza in materia, sulla considerazione che “la previsione di limitazioni orarie è idoneo strumento di lotta al fenomeno della ludopatia”.
Riprendendo CDS 8563/2019, i giudici rimarcano il fatto che con tali limitazioni non si starebbe reintroducendo “una sorta di ‘proibizionismo’, che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato”, ma si starebbe semplicemente approntando una forma di “regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari e di particolari fasce orarie a più alta fruibilità di esercizi di gioco”, come del resto i Regolamenti comunali si prefiggono di fare, avendo come esplicito obiettivo quello di “rendere difficoltoso il consumo di gioco in orari tradizionalmente e culturalmente dedicati alle relazioni familiari”.
La disparità di trattamento con le altre tipologie di gioco. Il TAR smentisce, inoltre, la contestata disparità di trattamento con le altre tipologie di gioco: slot machine e videolottery, secondo i giudici, necessitano di una disciplina specifica al fine di prevenire la ludopatia perché particolari sono le stesse modalità di fruizione, caratterizzate da una “relazione” diretta tra apparecchio e giocatore, senza intermediazione alcuna, il che favorisce il gioco compulsivo, diversamente da altre forme di gioco lecito.
L’Intesa. Il TAR, infine, aderisce all’orientamento assolutamente prevalente in giurisprudenza sul tema dell’Intesa Stato-Regioni: questa, che detta alcune prescrizioni anche in tema di orari, non ha valore cogente in quanto non recepita con il previsto decreto ministeriale, cosicché “all’Intesa non può attribuirsi alcun valore vincolante, neppure nella forma minima dell’atto di indirizzo rivolto agli Enti Locali”.
Altre pronunce. Il TAR Lombardia è successivamente intervenuto con altre sentenze del medesimo tenore: 796/2022 sul Comune di Ferrera di Varese (Va); 803/2021 sul Comune di Germignaga (Va); 804/2022 sul Comune di Porto Valtravaglia; 805/2022 sul Comune di Bareggio (Mi). In quest’ultima, tra l’altro, il Collegio ha anche specificato che, per le ordinanze di limitazione oraria, la mancata previa acquisizione degli indirizzi del Consiglio Comunale non costituisce violazione alcuna: anzi, ciò comporta, per il Sindaco, “un legittimo e più ampio esercizio della propria discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute più efficaci per il perseguimento” delle finalità di contrasto al gioco patologico “senza la fissazione di alcun vincolo da parte del Consiglio”.
(a cura di Marco De Pasquale)