La normativa e il caso. La legge regionale 38/2019 del Veneto ha stabilito che, mediante un provvedimento adottato dalla Giunta regionale, vengono rese “omogenee sul territorio regionale le fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco, secondo quanto previsto dall’intesa” in sede di Conferenza Unificata Stato Autonomie Locali.
La Giunta è quindi intervenuta con la deliberazione 2006/2019 con cui ha introdotto tre fasce orarie di interruzione del gioco a livello regionale (7.00-9.00; 13.00-15.00; 18.00-20.00), precisando inoltre che i Comuni possono “aggiungere … anche ulteriori fasce di chiusura, anche in relazione alla situazione locale”.
Il Comune di Venezia, attraverso una Nota, ha integrato le disposizioni in tema di orari già contenute nel previgente Regolamento comunale in materia di giochi (approvato con delibera del Consiglio comunale n. 50 del 10 novembre 2016) con le nuove norme della delibera di Giunta, stabilendo così che gli apparecchi di intrattenimento possono essere messi in funzione nelle fasce orarie 09.00-13.00 e 15.00-18.00.
Avverso la Nota e le nuove fasce orarie ha presentato ricorso una società che gestisce in Veneto oltre sessanta sale da gioco dotate di apparecchi del tipo AWP e VLT; il TAR per il Veneto si è pronunciato con la sentenza 1016/2021 che qui si analizza.
Il valore dell’Intesa. Tra i motivi di ricorso sollevati dall’esercente spicca, anzitutto, la considerazione che l’illegittimità dei provvedimenti impugnati discenderebbe da una violazione del contenuto dell’Intesa in sede di Conferenza Unificata.
Il TAR, nel respingere queste argomentazioni, richiama l’ampia giurisprudenza sul punto (si veda questa scheda dell’area riservata) che ha costantemente negato l’efficacia cogente dell’Intesa, non essendo stata recepita da un decreto ministeriale.
L’Intesa, anzi, se da un lato è priva di valore cogente, dall’altro sarebbe invece idonea a riconoscere in via più generale le limitazioni orarie del gioco quale strumento di lotta al fenomeno della ludopatia.
Aggiungono i giudici, inoltre, che è lo stesso testo dell’Intesa a far salve le disposizioni specifiche previste dalle Regioni che prevedono una tutela maggiore e che, in ogni caso, essendo l’Intesa preordinata alla definizione di un complessivo riordino della materia, con la previsione di varie disposizioni, risulterebbe “arbitrario e contrario allo spirito dell’Intesa predicarne un’applicazione atomistica o parcellizzata”.
Le competenze dei Comuni. Il ricorrente sostiene, inoltre, che la menzione nell’articolo 8 della legge regionale dell’Intesa avrebbe, nei fatti, “legificato” il suo contenuto, imponendo in tutto il territorio regionale il limite massimo di interruzione quotidiana del gioco in sei ore, secondo le fasce da individuare con delibera di Giunta, senza che i Comuni potessero individuare fasce ulteriori di interruzione dal gioco.
Tale ricostruzione è smentita, giurisprudenza alla mano (es. sentenza 220/2014 della Corte costituzionale), dai giudici del TAR Veneto: deve considerarsi ferma la facoltà degli Enti locali di “porre in essere gli interventi necessari a garantire il corretto equilibrio tra la libertà di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione e la tutela della sicurezza, della salute, della libertà e dignità umana in ragione delle specifiche problematiche di ciascun territorio”, anche attraverso la limitazione degli orari del gioco, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del TUEL, per la tutela della salute pubblica ed il benessere socio-economico dei cittadini.
Il Collegio, anzi, si spinge oltre, ricordando come la giurisprudenza abbia riconosciuto in capo ai Comuni non solo il potere “ma anche un vero e proprio obbligo di adottare interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco (sentenza 4509/2019 del Consiglio di Stato) sulla base della tutela della salute pubblica e del rispetto del principio di precauzione (di derivazione comunitaria).
Non sussiste, inoltre, la prospettata disparità di trattamento rispetto ad eventuali discipline meno restrittive adottate in altri Comuni: trattandosi di prerogative comunali, ciascun Ente le esercita con riferimento al territorio di propria pertinenza e alle specifiche realtà locali.
Per questi motivi, il TAR ha riconosciuto la correttezza sia della delibera di Giunta sia delle integrazioni del Comune di Venezia e ha respinto il ricorso dell’esercente.
(a cura di Marco De Pasquale)