Premessa. Il gioco d’azzardo è connesso a diverse problematiche, tra cui quelle sul versante sanitario e socioeconomico. In assenza di una precisa normativa che intervenga a livello nazionale e in modo omogeneo a disciplinare quest’ambito (si veda la scheda dedicata), spesso l’iniziativa è assunta dalle Regioni e dai Comuni, che nel corso degli anni hanno introdotto diverse misure per cercare di fronteggiare la situazione. Ciò del resto non stupisce, anche in ragione del fatto che le conseguenze negative del gioco patologico sono facilmente rilevabili a livello locale.
L’intervento regionale. Tutte le regioni italiane sono intervenute, negli anni, con leggi che hanno disciplinato il gioco d’azzardo (l’ultima in ordine di tempo è stata la Regione Siciliana): lo scopo principale di queste leggi è quello di mettere in campo un freno alla diffusione del gioco sul territorio regionale. Ciò lo si può anzitutto riscontrare a partire dai titoli delle varie leggi che sono state via via approvate: il riferimento costante è infatti alla prevenzione e al contrasto del gioco d’azzardo patologico e alla ludopatia.
Del resto, questo è esattamente l’ambito in cui le Regioni possono intervenire, in quanto afferente alla tutela della salute. Per lungo tempo, la questione del gioco è stata ritenuta riservata alla competenza esclusiva dello Stato, inquadrandola nella materia ordine pubblico e sicurezza: questo orientamento è stato superato con la sentenza 300/2011 della Corte costituzionale (indirizzo ribadito anche più recentemente con le sentenze 108/2017 e 27/2019) che ha valorizzato il tema della tutela della salute nell’ambito del gioco d’azzardo e conseguentemente ha ritenuto legittimi gli interventi regionali. Leggi statali e regionali concorrono, dunque, ciascuna nel proprio ambito, al perseguimento dello stesso obiettivo, costituito dalla materia salute, con il solo limite per la Regione del “rispetto dei principi fondamentali” stabiliti dalle leggi dello Stato.
Le principali misure delle Regioni in materia di gioco d’azzardo. Le principali misure introdotte a livello regionale sono:
1) il distanziometro: si tratta di uno strumento previsto ormai da tutte le Regioni, con cui si introduce l’obbligo di una distanza minima (generalmente compresa tra i 300 e i 500 metri, salvo possibili aggiustamenti da parte dei Comuni, in sede applicativa, in alcuni casi) tra le sale gioco/gli apparecchi da gioco in altri esercizi pubblici e alcuni luoghi sensibili (individuati, per categorie, nelle leggi regionali; specificati in concreto nella fase applicativa dai Comuni, ai quali spesso è riservata anche la possibilità di individuarne altri, di solito per la tutela di interessi riservati agli Enti locali, quali ad esempio la viabilità, la sicurezza urbana, il contesto urbano, l’inquinamento acustico, la quiete pubblica).
Il distanziometro ha generato un ampio contenzioso giudiziario. Giova però ricordare sin da subito che una delle questioni più importanti, che le leggi regionali disciplinano in modo diverso, è quella relativa alla possibilità, o meno, di obbligare al rispetto delle distanze anche le attività già in esercizio. Sul punto, a grandi linee, si possono ricostruire due diverse angolature del problema:
- a) quella relativa alle sale gioco, per i quali vengono, in molti casi, previsti dei termini per procedere alla loro ricollocazione in altri spazi del territorio comunale lontani dai luoghi sensibili (es. Emilia-Romagna, Province Autonome di Trento e Bolzano, le prime a porsi il problema degli esercizi già attivi: per un approfondimento si rimanda ai riferimenti giurisprudenziali contenuti nella scheda dedicata);
- b) quella relativa agli apparecchi da gioco presenti negli esercizi pubblici promiscui (es. bar, tabaccherie, ecc) rispetto ai quali spesso le leggi regionali applicano il distanziometro alle “nuove installazioni” di apparecchi (su cosa si intenda per nuova installazione, si rimanda ancora alla scheda sulla giurisprudenza), portando a scadenza i contratti in essere per gli apparecchi già presenti e ponendosi così l’obiettivo di cristallizzare il numero di macchinette presenti alla data di approvazione della legge (es. Toscana, Friuli-Venezia Giulia).
Si deve sottolineare, infine, che vi sono anche situazioni intermedie: un esempio è la legge regionale della Campania in cui la ricollocazione delle attività esistenti può essere scongiurata da parte dell’esercente con l’adozione tempestiva di una serie di accorgimenti specificamente elencati nel testo legislativo;
2) l’introduzione di elementi basilari sulla disciplina degli orari (posto che il tema rientra nella competenza del Sindaco, come si preciserà in seguito);
3) la disciplina delle forme di pubblicità delle attività del gioco (su cui è intervenuto anche il Decreto dignità);
4) l’istituzione del marchio no slot per indicare e favorire sotto vari profili (anche fiscali) gli esercizi che non installano apparecchi per il gioco e la previsione di una giornata dedicata alla riflessione sui disturbi da gioco (es. Campania, Calabria);
5) la previsione di un sistema di incentivi/disincentivi tramite l’IRAP (ad esempio, le regioni Lombardia, Piemonte, Basilicata, Umbria, Friuli Venezia Giulia hanno stabilito una riduzione dello 0,92% dell’IRAP per gli esercizi che effettuano la disinstallazione ed un corrispondente aumento dello 0,92% per le sale con attrezzature da gioco; la Toscana ha previsto un aumento dello 0,3% ed una riduzione dello 0,5%, mentre il Veneto solo l’addizionale dello 0,2% a carico di chi mantiene le attrezzature da gioco);
6) l’istituzione di Osservatori regionali per il monitoraggio del fenomeno, previsti in molte Regioni;
7) la previsione di contributi ad enti associazioni che svolgono attività di assistenza e sensibilizzazione sui rischi del gioco e sull’uso responsabile del denaro;
8) l’introduzione obblighi di informazione a carico dei gestori delle sale gioco sul fenomeno del G.A.P. e sui i rischi connessi al gioco ed attività di formazione del personale che lavora all’interno;
9) l’attribuzione di specifiche competenze a Comuni e ASL con campagne informative rispetto ai rischi connessi al gioco e di supporto per le persone e le famiglie maggiormente in difficoltà e l’istituzione di un numero verde di supporto (es. Campania);
10) la negazione del patrocinio ad eventi, manifestazioni, spettacoli che pubblicizzano il gioco d’azzardo (es. Calabria, Emilia-Romagna);
11) la previsione di interventi di supporto amministrativo per i Comuni in caso di avvio di azioni legali su tematiche collegate al gioco (es. Calabria, Emilia-Romagna);
12) il divieto di installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo in immobili di Enti pubblici concessi in locazione o comodato per fini sociali ed aggregativi (es. Emilia-Romagna);
13) la previsione di contributi finalizzati alla copertura delle spese di riconversione delle sale ospitanti gli apparecchi per il gioco lecito, in favore degli esercizi pubblici, commerciali, ecc che scelgono di disinstallare apparecchi da gioco (es. Friuli-Venezia Giulia);
14) la destinazione di una parte degli importi derivanti dalle sanzioni comminate nel settore del gioco alle finalità di prevenzione della ludopatia (es. Marche);
15) il coinvolgimento dell’istituzione scolastica nel contrasto al fenomeno del GAP con la possibilità di introdurre nelle scuole campagne di comunicazione per presentare agli studenti i potenziali rischi connessi al gioco e specifiche iniziative formative per il personale scolastico (es. Sardegna).
Gli interventi dei Comuni: forme e poteri. Gli interventi più concreti che sono stati messi in campo per fronteggiare i problemi derivanti dal gioco, la diffusione delle sale e l’illimitata possibilità di giocare sono senz’altro quelli dalle Amministrazioni comunali. Non deve quindi stupire, ovviamente, se rispetto a questi il contenzioso amministrativo è molto ampio ed articolato (va sottolineato che una spinta decisiva agli interventi dei Comuni è arrivata anche grazie ad alcune pronunce della Corte costituzionale, su cui si rinvia a questa scheda).
Le forme degli interventi al livello comunale sono essenzialmente due: le ordinanze sindacali e i regolamenti comunali.
Con le prime, il Sindaco generalmente interviene sulla disciplina degli orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi del gioco (anche collocati in altre tipologie di esercizi; es. bar, tabaccherie): ciò è possibile farlo sulla base dell’art. 50, comma 7 del TUEL che assegna al Sindaco un potere di intervento sugli orari degli esercizi commerciali e dei locali pubblici. Che tale prerogativa sia poi esercitabile anche rispetto alle sale e agli apparecchi del gioco non è più posto in dubbio dopo la risolutiva sentenza 220/2014 della Corte costituzionale che si è espressa in senso affermativo a questa possibilità. Sulle caratteristiche specifiche dell’intervento comunale sugli orari si rinvia a questa scheda (link a scheda su giur. orari).
I regolamenti comunali, invece, intervengono generalmente su vari profili, tra cui spicca quello del distanziometro. In questo caso, come si è visto, la disciplina (attinente alle materie della tutela della salute e del governo del territorio) trova il suo riferimento nella legislazione regionale (che individua confini più o meno precisi entro cui i Comuni possono muoversi) e l’attuazione nel concreto è nella maggior parte dei casi demandata ai Regolamenti comunali e alle successive determinazioni comunali (in particolare, la mappatura dei luoghi sensibili).
Molto spesso gli esercenti che ricorrono al TAR avverso il distanziometro impugnano, unitamente ai singoli provvedimenti che intimano loro il rispetto delle distanze, anche i regolamenti comunali e gli atti di mappatura dei luoghi sensibili, oltre a proporre in alcuni casi anche delle questioni di legittimità costituzionale avverso le previsioni legislative regionali (per una sintesi della giurisprudenza sul distanziometro si veda questa scheda).
Infine, attraverso i regolamenti i Comuni spesso introducono le linee guida in materia di orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi in vista dell’ordinanza sindacale con cui, nel concreto, le misure di limitazione oraria vengono decise e introdotte ufficialmente (come si è appena visto).
Alcuni interventi dei Comuni sugli orari. Oggi sono moltissimi i comuni che, sulla base anche delle espresse previsioni contenute in alcune leggi regionali (come quelle del Piemonte, delle Marche e del Friuli Venezia Giulia), hanno adottato provvedimenti limitativi degli orari di apertura, sia pure con differenziazioni sia sul periodo massimo di apertura giornaliera che sull’articolazione stessa degli orari (sul sito di Avviso Pubblico sono riportati alcuni di tali interventi; sulle decisioni assunte da diversi Comuni della Sardegna, invece, si legga questa scheda). Tali interventi non appaiono neppure in contrasto con il principio generale di liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, come confermato dalla risoluzione del 2012 del Ministero dello sviluppo economico.
Tra i provvedimenti degli enti locali merita una particolare segnalazione il regolamento del comune di Bergamo del giugno 2016 che ha previsto le stesse fasce orarie (da disciplinare con ordinanza del Sindaco, art. 5) anche per quel che concerne la vendita (diretta o tramite distributori automatici) dei biglietti delle lotterie istantanee su piattaforma virtuale e/o con tagliando cartaceo (gratta e vinci, 10 e lotto ecc); anche nel comune di Spresiano (Treviso) le limitazioni orarie si applicano alla raccolta delle scommesse e a tutti i giochi leciti con vincita in denaro; nel caso del Comune di Aosta il regolamento del dicembre 2016 prevede una progressiva riduzione degli orari, fino ad arrivare entro due anni ad otto ore giornaliere (per gli ultimi due provvedimenti cfr. la sezione Buone prassi).
Si segnalano anche il Regolamento del Comune di Genova, rispetto al quale c’è stato anche un contenzioso dinanzi al TAR Liguria (si veda qui) e l’ordinanza del Sindaco di Faenza che consente un prolungamento degli orari solo per gli esercizi che forniscono un servizio di assistenza psicologica con la presenza in sala di uno psicologo, che sospendono anticipatamente la somministrazione di alcolici e che si dotano di un servizio di guardiania (si veda anche TAR Emilia-Romagna 1023/2015).
C’è chi contesta l’utilità dei provvedimenti di limitazione degli orari perché non applicati in modo omogeneo sul territorio, in quanto l’utente potrebbe sempre recarsi in un comune limitrofo, in cui non è stata emanata una disciplina al riguardo. Occorre peraltro considerare che tali misure non sono rivolte ai giocatori patologici (disponibili anche a sobbarcarsi lunghi tragitti pur di soddisfare il proprio impulso a giocare) ma ai soggetti che non sono in una situazione di rischio, diminuendo le occasioni di gioco come, ad esempio, per il divieto di accensione delle slot machine nei periodi che precedono e seguono il normale orario scolastico.
Va inoltre consolidandosi la tendenza da parte di alcuni comuni che insistono nella stessa area territoriale di adottare la medesima disciplina, al fine di evitare che una diversa regolamentazione comprometta l’efficacia delle misure di riduzione degli orari: si può citare a tale riguardo l’esperienza dei comuni del Miranese, in provincia di Venezia (Scorzè, Martellago e Spinea), di quelli della provincia di Biella (Mosso, Soprana, Trivero e Valle Mosso) e dei comuni dell’area metropolitana occidentale di Torino (Pianezza, Collegno, Grugliasco, Venaria Reale, Druento, Sangano, Alpignano, Rosta, che hanno tutti adottato un orario massimo di apertura di 8 ore giornaliere) (cfr. la sezione Buone prassi amministrative).
La riduzione degli orari delle sale gioco e dell’accensione delle macchinette appare quindi un’utile misura di prevenzione: può destare preoccupazione l’Intesa in sede di Conferenza Unificata che limita l’autonomia degli enti locali sul punto in questione, stabilendo un numero minimo elevato di ore giornaliere di apertura (ben 18 ore al giorno). Peraltro tale Intesa non è stata poi recepita nel nostro ordinamento con decreto ministeriale e pertanto, come osservato anche dal Tar Veneto (sentenza 417/2018) non può essere considerata ai fini di un’eventuale illegittimità dei provvedimenti di limitazione degli orari (per una ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali relativi a questo e ad altri aspetti, si veda questa scheda).
Alcuni interventi dei Comuni sul piano urbanistico. Appare emblematica, rispetto agli interventi comunali sul piano urbanistico, la previsione della legge della Regione Emilia Romagna n. 5 del 2013 (art. 6) in base alla quale i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui al decreto legge Balduzzi “previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco” nonché ”disciplinare, nell’ambito dei propri strumenti di pianificazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2000, gli elementi architettonici, strutturali e dimensionali delle sale da gioco e delle relative pertinenze”. In attuazione di tale normativa vanno citate, tra le altre, l’esperienza del comune di Reggio Emilia (volta a rafforzare la programmazione territoriale delle sale da gioco ed attivare un sistema di controlli sul rispetto delle prescrizioni urbanistiche) e del comune di Parma nonché le limitazioni alle sale da gioco disposte dal comune di Spilamberto (Modena).
Nel regolamento del comune di Spresiano (Treviso) viene invece consentita l’apertura di nuove sale gioco e sale scommesse solo nelle aree individuate dal piano regolatore comunale come zona per insediamenti commerciali e direzionali: per gli esercizi già aperti nelle altre zone è precluso qualsiasi ampliamento ad eccezione di quelli finalizzati alla messa a norma sotto il profilo igienico-sanitario, antincendio e della sicurezza.
Inoltre, interessanti sono le misure che introducono il divieto di prosecuzione, all’interno del centro storico, delle attività di gioco d’azzardo tramite videoterminali già autorizzate dal Questore (è il caso, ad esempio, del Comune di Forte dei Marmi e del Regolamento del Comune di Napoli).
Altri interventi comunali. Le disposizioni a livello comunale non si fermano al piano degli orari o delle previsioni strettamente urbanistiche ma coinvolgono anche altri interventi innovativi. Ad esempio:
1) i limiti alla pubblicità (su cui si veda anche il decreto 87/2018 e le linee attuative dell’AGCOM): le disposizioni introdotte a livello comunale si basano su previsioni contenute in alcune leggi regionali. Ad esempio, il regolamento del Comune di Genova prevede il divieto di “esposizione esterne al locale di cartelli, manoscritti e/o proiezioni che pubblicizzano vincite temporali appena accadute o storiche” (artt. 9 e 16); si segnala anche il regolamento del comune di Empoli sulla “adozione” da parte di soggetti privati o pubblici delle aiuole spartitraffico e rotatorie, che prevede espressamente il divieto, per i cartelli informativi posti sulle rotatorie, di qualsiasi messaggio promozionale del gioco d’azzardo (delibera n. 5 del 2015, art. 8).
Il comune di Alfonsine ha approvato una modifica al regolamento comunale sulle affissioni pubblicitarie, vietando la pubblicità del gioco d’azzardo nel territorio comunale (la delibera è riportata all’interno delle Buone prassi amministrative). La Regione Lombardia ha sottoscritto un apposito protocollo con le aziende del trasporto pubblico locale per una forte limitazione della pubblicità dei giochi d’azzardo e la divulgazione del marchio “no slot”.
Analoga iniziativa è stata adottata dal comune di Bologna, che ha anche previsto importanti limitazioni alla pubblicità del gioco d’azzardo tramite affissioni. E recentemente il comune di Ferrara ha promosso un protocollo con l’azienda dei trasporti passeggeri Emilia Romagna ed il Consorzio taxisti ferraresi in cui si prevede la rinuncia a mettere sui mezzi messaggi pubblicitari inerenti il gioco d’azzardo;
2) le disposizioni sui requisiti dei locali: queste riguardano le caratteristiche degli esercizi commerciali in cui si pratica il gioco d’azzardo, con riferimento al rispetto delle norme in materia di inquinamento acustico, alle barriere architettoniche, alla possibilità di sorveglianza dei locali, alla loro superficie minima, ai parcheggi (su cui si veda TAR Genova 1045/2016).
Inoltre, è interessante vedere la delibera 192/2018 del Comune di Jesolo (avallata da TAR Veneto 587/2019) prevede il divieto di uso sedie e sgabelli alle postazioni di gioco per rendere meno confortevole l’attività di gioco stessa, oppure le disposizioni del regolamento comunale di S. Donà di Piave che disciplinano la visibilità dall’esterno dei locali e la tipologia degli arredi (sul punto anche TAR Veneto 1346/2016) e il Regolamento del Comune di Ravenna.
3) gli incentivi: si tratta di misure volte a favorire la disinstallazione (o la non installazione) di slot machine all’interno degli esercizi pubblici, anche sulla base di disposizioni contenute nelle leggi regionali. Si possono ricordare, ad esempio, i contributi una tantum previsti dal comune di Budoni (Olbia) oppure le delibere per la riduzione della tassa rifiuti adottate da diversi comuni (vedi ad esempio la delibera del comune di Soliera – Modena). Il comune di Oristano ha promosso un bando per la concessione di contributi agli esercizi che si impegnano a rimuovere slot machine e videolottery dai propri locali, per un importo massimo di 800 euro, a compensazione di altri tributi locali (Tari, Tasi, Imu). Vedi anche la delibera del comune di Sassari e quella del comune di Pistoia (riportata nelle Buone prassi amministrative) che esclude espressamente dai contributi previsti per istituzioni religiose, centri sociali, ricreativi e culturali per le opere di urbanizzazione secondaria in caso di installazione di slot machine.
Un’impostazione innovativa è quella dell’Amministrazione di Pavia, che si è distinta negli ultimi anni per i provvedimenti volti a ridurre drasticamente il numero delle slot machine: con il progetto Quartieri No Slot il comune promuove feste di quartiere, che vedono al centro 25 locali (bar e ristoranti) che hanno rinunciato alle macchinette, permettano loro di compensare la perdita degli introiti relativi;
4) attività di informazione e sensibilizzazione: molti enti locali continuano a svolgere un’intensa attività informativa sui rischi del gioco d’azzardo, in particolare negli istituti scolastici. Merita una segnalazione particolare il progetto “Al lavoro non t’azzardare”, promosso dal comune di Casalecchio di Reno, finalizzato ad un’azione di prevenzione e cura all’interno dei luoghi di lavoro (riportato nella sezione Buone prassi).
5) chiusura di un giorno a settimana: ad esempio, è previsto dal Comune di Osnago, Lc, nel Regolamento comunale del 2011 (misura avallata da TAR Lombardia 2639/2019);
6) la preclusione dell’utilizzo di immobili di proprietà del Comune per attività di gioco: in tal senso si può citare il regolamento del Comune di Genova, che estende tale divieto anche agli immobili delle società partecipate, prevedendo in ogni caso la disdetta del contratto alla scadenza dei contratti in essere (art. 7). Analoga disposizione è contenuta ad esempio nel regolamento del Comune di Napoli (art. 6) ed in quello del Comune di Cremona (art. 7). Il regolamento di polizia locale del comune di Pavia (si veda la sezione Buone prassi amministrative) prevede che sale giochi e sale scommesse non possono essere ubicate in edifici vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Il potere sanzionatorio dei Comuni. Molti dei provvedimenti comunali disciplinano anche la materia delle sanzioni, volte a contrastare le irregolarità e gli illeciti di diversa natura che vengono commessi da una parte degli operatori del settore. Ad esempio, il regolamento del comune di Napoli prevede non solo una pena pecuniaria (pari a 500 euro) per il mancato rispetto della normativa comunale ma anche, in caso di ripetute violazioni, la sospensione dell’attività ovvero, nei casi più gravi, la decadenza dell’autorizzazione; restano ovviamente ferme le altre sanzioni, anche penali, previste dal testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza e dalle altre leggi in materia (art. 25).
Anche a tale riguardo può essere utile citare alcune sentenze dei giudici amministrativi. In particolare, il Tar Milano (sentenze 660, 661 e 816 del 2017) ha respinto i ricorsi di tre esercenti avverso i provvedimenti di sospensione deliberati dal comune di Milano a seguito dell’accertamento in diverse situazioni dell’apertura dei locali oltre i limiti di orario stabiliti dalla disciplina comunale. Al riguardo il Tar afferma la legittimità della disposizione sulla sanzione accessoria della sospensione dell’attività (“in caso di particolare gravità e recidiva … qualora la violazione delle disposizioni sia stata commessa per due volte in un anno, anche se il responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione”): in base al testo unico di pubblica sicurezza, infatti, è possibile sospendere la licenza non solo nel caso di abuso del titolo ma anche per la mera violazione delle modalità di svolgimento del servizio.
Nel caso specifico, trattandosi di più violazioni commesse con più azioni – come risulta dai numerosi verbali di accertamento – non può applicarsi il regime del “cumulo giuridico” tra sanzioni, che riguarda invece violazioni plurime ma commesse con un’unica azione od omissione. Nello stesso senso il Tar Brescia 450/2017, TAR Lazio e Consiglio di Stato sul Comune di Roma, TAR Basilicata 45/2020, TAR Friuli-Venezia Giulia 67/2020, che sottolinea come il potere sanzionatorio comunale discenda dalla legge regionale, alcune sentenze del 2019 del TAR Marche.
Il Tar Bolzano, inoltre, ha ritenuto legittima la sospensione di 60 giorni deliberata dal comune di Bolzano per violazione della legge provinciale, in ragione del fatto che l’esercizio commerciale consentiva in modo reiterato l’utilizzo di giochi tipo ‘totem’ in collegamento con siti di giochi illeciti (oltre a non prevedere la diffusione di materiale informativo): tutto ciò costituisce un fatto grave per l’ordine pubblico e la sicurezza, trattandosi di “una situazione tale da configurare una fonte di pericolo concreto e attuale per la collettività” (sentenza 337/2017, confermata dal Consiglio di stato nella sentenza 4034/2018; per approfondimenti, leggi questa scheda e quest’altra scheda).
Orientamento difforme è stato espresso dal Tar Napoli (sentenza 3125/2017) che ha giudicato illegittima la sospensione di 60 giorni disposta dall’Amministrazione comunale per alcune violazioni dell’orario di apertura in quanto “manifestamente sproporzionata” rispetto alla gravità degli illeciti.
Rimangono in ogni caso ferme le competenze in materia della Questura: il Tar Bologna (sentenza 410/2017) ha respinto il ricorso di un esercente avverso la revoca della licenza disposta dalla Questura: richiamando una precedente sentenza del Consiglio di Stato (n. 7185/2010), si precisa che la Questura è abilitata a tale provvedimento non solo per la violazione delle disposizioni di legge a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (nel caso in esame, affidamento della responsabilità della sala a persona, diversa dal titolare, non in possesso del permesso di soggiorno) ma anche delle normative disposte a livello regionale e locale a salvaguardia tutela della salute pubblica (nel caso specifico, il ripetuto mancato rispetto dei limiti orari e dell’obbligo, disposto dalla regione, di formazione del personale per il riconoscimento del gioco compulsivo e permettere di individuare frequentatori della sala giochi che manifestino comportamenti anomali); si veda al riguardo anche la sentenza del Consiglio di stato n. 4604 del 2018.
(ultimo aggiornamento: 7 gennaio 2021)